Quand’ero ragazzino, vidi i
film della serie di 007, sia con Connery che con Moore. Ho sempre notato uno
stile diverso sia come interpretazione del personaggio ma anche a livello
sceneggiativo. Moore più ironico di Connery, e nei film con Moore c’è più
azione e più ritmo. Ognuno avrà
un suo Bond preferito, ma come impianto sceneggiativo ho sempre avuto una
preferenza per quelli con Moore. Difatti stiamo parlando di film anni 60, stile
più sobrio, e film anni 70-80, stile più veloce, più “casinista”. Insomma due mondi diversi.
Essendo cinefilo e cinecurioso,
mi son comprato questo libro biografico di Moore.
Come nel caso del bel libro-intervista di Francesco Rosi, anche qui c’è il solito problema: i libri autobiografici sono interessanti ma per goderseli appieno bisogna avere un minimo di conoscenza del periodo storico cinematografico (e in questo caso anche televisivo) che concerne la vita di quell’artista. Nel caso di Moore si va sostanzialmente dagli anni 50 fino agli anni 80-90 e difatti la parte a me più ostica riguarda gli anni 50.
Come nel caso del bel libro-intervista di Francesco Rosi, anche qui c’è il solito problema: i libri autobiografici sono interessanti ma per goderseli appieno bisogna avere un minimo di conoscenza del periodo storico cinematografico (e in questo caso anche televisivo) che concerne la vita di quell’artista. Nel caso di Moore si va sostanzialmente dagli anni 50 fino agli anni 80-90 e difatti la parte a me più ostica riguarda gli anni 50.
Indubbiamente il libro prende
una piega più interessante dal capitolo “Il Santo” (serie molto
celebre all’epoca ma che non ho mai visto), punto cruciale della sua carriera.
Dopo tale serie fece il ritorno al cinema che tanto aveva atteso prima con “L’uomo
che uccise se stesso”, una breve parentesi televisiva con “Attenti
a quei due” e poi l’inizio dell’avventura con la saga di 007,
intervallati da altri film come “Ci rivedremo all’inferno” con Lee
Marvin e “Attacco: Piattaforma Jennifer”. Un periodo
ricco di aneddoti, anche divertenti (come quello di David Niven che per motivi
oscuri aveva un critico contrario per il suo Oscar), quello che riguarda il
periodo anni 70, sicuramente il momento più saliente del libro. L’ultima parte
è dedicata al suo impegno per l’Unicef, impegno iniziato per merito di Audrey
Hepburn.
Per concludere se siete fan di
007 o semplicemente fan di Roger Moore, dato che sostanzialmente tutto il libro
è caratterizzato dall’ironia dell’attore inglese, vi consiglio di averlo;
altrimenti compratevi altri libri, l’importante è che vi sia il giusto
interesse.
Ps molti non hanno probabilmente capito l'importanza dell'interpretazione di Moore nei panni dell'agente 007, ma per certi versi ha anticipato il poliziotto Frank Drebin interpretato da Leslie Nielsen
Ps molti non hanno probabilmente capito l'importanza dell'interpretazione di Moore nei panni dell'agente 007, ma per certi versi ha anticipato il poliziotto Frank Drebin interpretato da Leslie Nielsen
Roger Moore fu un ottimo successore di Sean Connery. Se pur con le differenze che riporti, il suo Bond resta su livelli molto godibili. Livelli che non sempre saranno eguagliati da Timothy Dalton in avanti... grazie per la segnalazione del libro... mi interessa...
RispondiEliminaCiao e bentornato!
EliminaBè nei due film con Dalton qualcosa non funzionò, c'era ormai una certa stanchezza (forse non dice mai la frase storica: "Sono Bond, James Bond")....
"Goldeneye", a mio avviso, è stata una bella parentesi.......
poi anche "Skyfall" mi è piaciuto......
Buona giornata!