sabato 4 ottobre 2014

Wolverine l'immortale

Regia: James Mangold
Attori: Hugh Jackman, Rila Fukushima, Tao Okamoto, Haruhico Yamanouchi
Anno: 2013

Dato che sono un appassionato di fantascienza, e i film sugli X-Men non mi dispiacciono, un minimo di curiosità verso questo spin-off ce l’avevo. Lo dico senza troppi giri di parole: il film l’ho trovato francamente brutto. Nel complesso ovviamente. E difatti qualcosa da salvare nella prima parte c’è come le scene d’azione rocambolesche sul treno “proiettile”. Ma poi i dubbi di una sceneggiatura del tipo “mettiamo a sputo un sacco di scene senza senso con un sacco di personaggi messi a caso” son venuti a galla. Ne è venuto un film in cui praticamente tutti sono contro tutti, così giusto per far divertire i nostri occhi ma onestamente il mio cervello ne è rimasto irritato. Peccato perché Hugh Jackman è bravo, ormai calato nella parte, anche le spalle femminili non sono male ma giunti alla fine si resta dell’idea se c’era bisogno di fare un film calci pugni e schiaffi senza una trama ben miscelata. In altri termini: questo è il film che meno mi è piaciuto sugli X-Men.
Curiosità: la parte del vecchio Yashida è stata interpretata da Haruhico Yamanouchi, presente in film come "7 chili in 7 giorni" o nell'episodio "Vendetta cinese" della mitica serie tv "L'ispettore Coliandro". 

E infine: ma di cosa è fatto quel monumento che vedete alle spalle dei personaggi che resiste alla bomba atomica e terremoto? Sarà il super-adamantio???

Hugh Jackman - monumento nipponico - Tao Okamoto



martedì 23 settembre 2014

Roger Moore: Il mio nome è Bond

Quand’ero ragazzino, vidi i film della serie di 007, sia con Connery che con Moore. Ho sempre notato uno stile diverso sia come interpretazione del personaggio ma anche a livello sceneggiativo. Moore più ironico di Connery, e nei film con Moore c’è più azione e più ritmo. Ognuno avrà un suo Bond preferito, ma come impianto sceneggiativo ho sempre avuto una preferenza per quelli con Moore. Difatti stiamo parlando di film anni 60, stile più sobrio, e film anni 70-80, stile più veloce, più “casinista”. Insomma due mondi diversi. 
Essendo cinefilo e cinecurioso, mi son comprato questo libro biografico di Moore.

Come nel caso del bel libro-intervista di Francesco Rosi, anche qui c’è il solito problema: i libri autobiografici sono interessanti ma per goderseli appieno bisogna avere un minimo di conoscenza del periodo storico cinematografico (e in questo caso anche televisivo) che concerne la vita di quell’artista. Nel caso di Moore si va sostanzialmente dagli anni 50 fino agli anni 80-90 e difatti la parte a me più ostica riguarda gli anni 50.
Indubbiamente il libro prende una piega più interessante dal capitolo “Il Santo” (serie molto celebre all’epoca ma che non ho mai visto), punto cruciale della sua carriera. Dopo tale serie fece il ritorno al cinema che tanto aveva atteso prima con “L’uomo che uccise se stesso”, una breve parentesi televisiva con “Attenti a quei due” e poi l’inizio dell’avventura con la saga di 007, intervallati da altri film come “Ci rivedremo all’inferno” con Lee Marvin e “Attacco: Piattaforma Jennifer”. Un periodo ricco di aneddoti, anche divertenti (come quello di David Niven che per motivi oscuri aveva un critico contrario per il suo Oscar), quello che riguarda il periodo anni 70, sicuramente il momento più saliente del libro. L’ultima parte è dedicata al suo impegno per l’Unicef, impegno iniziato per merito di Audrey Hepburn.

Per concludere se siete fan di 007 o semplicemente fan di Roger Moore, dato che sostanzialmente tutto il libro è caratterizzato dall’ironia dell’attore inglese, vi consiglio di averlo; altrimenti compratevi altri libri, l’importante è che vi sia il giusto interesse.

Ps molti non hanno probabilmente capito l'importanza dell'interpretazione di Moore nei panni dell'agente 007, ma per certi versi ha anticipato il poliziotto Frank Drebin interpretato da Leslie Nielsen

venerdì 4 aprile 2014

Frase tratta dal film “Assassinio sull’Eiger”

Dopo un periodo di pausa, passato a vedere film e qualche biciclettata nel Sulcis, torno a scrivere nel mio blog. Onestamente, il film dopo un interessante avvio, non mi è piaciuto del tutto e nella seconda parte la sceneggiatura zoppica. Proprio nelle fasi iniziali c’è un simpatico dialogo tra una studentessa e il prof Hemlock condita dalla frase finale pungente del grande Clint. Eccola:

Studentessa: “Prof Hemlock ci tengo a dirle che il suo corso mi è piaciuto tanto…..però ho un problema, se non mantengo la media dei voti perdo la borsa di studio……io voglio prendere un bel voto a tutti  i costi…insomma sono disposta a fare qualsiasi cosa, tutto quanto se necessario….”
Clint/Hemlock: “Questa è una proposta molto invitante. Lei ha da fare stasera?
Studentessa: “No!

Clint/Hemlock: “Bene. Allora vada a casa, apra i libri e si consumi il culo a studiare. Questo è il metodo migliore per mantenere alta la media. Ah senta! Non lo consumi tutto!

Clint Eastwood mentre ascolta la studentessa

In ogni caso, per chi è fan del grande Clint Eastwood, almeno una visione di questo film la consiglio. 

martedì 24 dicembre 2013

Piccoli consigli natalizi

Probabilmente non sono la persona adatta per dare consigli riguardo alla visione di film natalizi, avendo una cultura cinefila non del tutto completa. Comunque qual cosina in merito la voglio dire anch’io.
Suppongo che “Una poltrona per due” e “Babbo bastardo” non abbiano bisogno di presentazione ormai, soprattutto per chi è della mia generazione o di generazioni più giovani, quindi passiamo ad altri film forse un po’ dimenticati.

La vita è meravigliosa (1946). Film di Frank Capra, con protagonista il mitico James Stewart, è una fiaba che mescola sia ironia che dramma con uno stile ottimo.
Non siamo angeli (1955). Film di Michael Curtiz con protagonisti due mostri sacri come Humphrey Bogart e Peter Ustinov. Divertente forse con il difetto di qualche tempo morto, ma comunque più che godibile.
Regalo di Natale (1986). Film di Pupi Avati con un cast ottimo; è un film drammatico con un tono amaro. Non è proprio un film dai toni fiabeschi, tutt’altro, ma merita una visione.
Cenerentola (1950). Un film della Walt Disney non poteva mancare. Un classico intramontabile.


Ovviamente consiglio altri classici della Walt Disney come “Aladdin” o “Gli aristogatti”. Alcuni di questi film verranno trasmessi in questi giorni più altri film come “Angeli con la pistola” (di Frank Capra) che non ho visto. Buona visione e ovviamente buone feste! 


martedì 3 dicembre 2013

Sole a catinelle

Recentemente l’ultimo film di Luca Medici, in arte Checco Zalone, ha fatto discutere non tanto per il livello del film quanto per l’incasso. Dato che il film ha incassato in modo sproporzionato, qualcuno dice: “Il popolo non capisce un c***o di cinema”, “Siamo un popolo d’ignoranti” e così via. Da poco ho letto un articolo dove la giornalista dice che non andrà a vedere il film perché il film ha incassato troppo bene e le fa tristezza. Un po’ come se io, appassionato di musica, non ascoltassi Prince, perché ha venduto milioni di copie (per la cronaca trattasi probabilmente del più grande musicista commerciale degli ultimi trent’anni). Un ragionamento che mi lascia perplesso! Per carità, sono sempre per il libero arbitrio ma la verità sta da tutt’altra parte: noi italiani negli ultimi trent’anni siamo cresciuti in modo esterofilo e la critica, quella che di cinema ne capisce, parte dal presupposto che un film comico sia un prodotto di serie B. Facciamo un esempio lampante: nel 1972 “La prima notte di quiete” di Valerio Zurlini fu tra i campioni d’incasso in mezzo ai pugni e calci dei film di Bud Spencer e Terence Hill. Come si spiega sto fatto? Probabilmente all’epoca c’era un maggior rapporto quantità/qualità rispetto ad oggi. La gente era più curiosa. Oggi siamo inondati da serie televisive americane (per carità, le guardo anch’io ma mica tutte quelle che fanno!), i multisala sono occupati più da film stranieri che italiani, siamo tutti ahimè cresciuti con una cultura cinefila troppo americana e poco europea. L'unica caratteristica che ci lega al passato è la voglia di ridere. Da qui il successo di Zalone, a mio avviso, meritato.      
Quindi facciamo il punto della situazione: se uno non vuole vedere il film di Zalone, lo faccia non perché ha fatto un bell'incasso ma perché non gli piace l’attore in questione o non gli piace un certo tipo di comicità o vuole spendere i propri soldi, che sono limitati dato i tempi di crisi, per altri film. Il motivo perché ho visto tale film? Semplice: mi son piaciuti i precedenti due del comico pugliese. Ho deciso di vederlo io, non ho avuto comportamenti come una pecora (quello che fanno gli altri, lo faccio anch'io) e sono la stessa persona che una settimana prima dell'uscita di "Avatar", vidi con un mio amico e una coppia di donne il bel film tedesco "Soul Kitchen" (quindi in quattro in una sala, per Zalone la sala ovviamente era piena). Ed è anche ora di finirla di criticare per il solo gusto di criticare: se vogliamo che l’italiano torni ad essere meno esterofilo, dovremmo renderlo più curioso. E ci vorranno degli anni.                    

Comunque il film di Zalone l’ho trovato in palla, al livello degli altri due ma ancora con qualcosina di nuovo: il punto di forza è nell’evolversi della trama non banale condita da tante battute. Ripeto: il film fa ridere, se il tipo di comicità non piace, non andate a vederlo. E basta con i paragoni con i Totò o altri comici: sono fuori luogo e poi mica a tutti fa ridere il comico De Curtis. Ah ecco: adesso avete qualcun altro da insultare…

sabato 23 novembre 2013

Breaking Bad - Quinta stagione

Anno: 2012-2013
Attori: Bryan Cranston, Aaron Paul, Laura Fraser, Jesse Plemons, Michael Bowen

Dopo quattro stagioni, una più bella dell’altra, si è arrivati alla stagione conclusiva. Sostanzialmente la stagione è stata divisa in due parti di otto puntate, una prima parte caratterizzata dall’ingresso di nuovi personaggi e con il colpo di scena finale all’ottava puntata che anticipa la seconda splendida parte. Il fatto di dividere la quinta stagione in due parti con quasi un anno di lasso di tempo è imputabile al fatto che registi e sceneggiatori abbiano deciso di prendersi il giusto tempo per concludere al meglio la serie, per non buttare al vento tutto quello di buono che era stato fatto, a differenza di Dexter, per esempio.
Lydia interpretata da Laura Fraser
Nella prima parte vengono introdotti personaggi come l’astuta Lydia, zio Jack e il nipote Todd, e nel mentre il nostro caro Walter White, più che white sta sempre diventando sempre più black. E Pinkman ormai è sempre più pink.  La seconda parte è un colpo di scena dietro l’altro, un continuo vortice di eventi verso la distruzione più totale, continui contrasti tra i vari personaggi che prima o poi sarebbero dovuti succedere. Da sottolineare la bravura dei sceneggiatori nel mantenere l’equilibrio tra fantasia e senso logico fino alla fine e non era facile, problema nel quale potevano cascarci. Il finale ne è un fulgido esempio.
Per quanto concerne l'interpretazione degli attori, il livello è sempre alto, come nelle precedenti stagioni, e anche le new entry, sopra citate, hanno fatto la loro parte al meglio. E anche la piccola neonata che interpreta Holly è stata eccezionale. 

Non ho visto tante serie televisive, ma non serve la laurea in cinematografia per capire che siamo di fronte ad un prodotto di spessore che mette praticamente tutti d’accordo, quando una marea di opinioni tendono ad un dato di fatto. Giù il cappello!

Walter White interpretato da Bryan Cranston

martedì 12 novembre 2013

Io lo chiamo cinematografo

Verso la fine di Agosto vidi questo libro, e come consuetudine, prima lo guardai,
e dopo aver letto  qualche riga per intuire il valore del libro che mi parve subito buono, decisi di comprarlo. Tornai a casa, e mi resi conto di un problema non di poco conto: non avevo mai visto un film di Francesco Rosi!
Dovetti ovviamente risolvere il problema e prima di iniziare il libro di slancio guardai “Uomini contro”, “Le mani sulla città” e “Salvatore Giuliano”. In tempi successivi vidi “Cadaveri Eccellenti”, “Cronaca di una morte annunciata” e “Dimenticare Palermo” permettendomi cosi pagina dopo pagina di leggere il libro in modo scorrevole. Purtroppo solo in un tempo successivo ho visto “La sfida”, il suo primo lungometraggio, se si esclude il “Kean” diretto insieme a Vittorio Gassman.
Il libro si dipana su un’intervista a Francesco Rosi da parte di Giuseppe Tornatore, partendo dall’infanzia del Rosi fino ad arrivare ai giorni nostri. Interessanti i vari aneddoti che hanno caratterizzato la carriera del Rosi, la vita sentimentale, i progetti non andati in porto, il suo periodo di aiuto regista con Visconti (e difatti prima di leggersi il libro, occorre vedersi almeno “La terra trema” e “Bellissima”), tutto facilitato dall’affiatamento fra i due registi.
Il libro ve lo consiglio perché si entra in contatto con un mondo cinematografico che in qualche modo non c’è più (a quanto pare una volta il cinema era una gran famiglia, ci si sentiva spesso fra registi, attori, ci si faceva favori come quando Rosi ancora a non riprese finite de ”Le mani sulla città” mandò di corsa da Fellini per “8&1/2” il suo direttore di fotografia Gianni di Venanzo), ricco di aneddoti (alcuni divertenti come quello riguardante Orson Welles e Peter O’Toole), utile per conoscere meglio “quasi” dal di dentro la storia del cinema italiano o meglio di un certo tipo di cinema (cinema di genere drammatico di stampo neo-realista/realista), il rapporto umano tra produttori e registi, per interessarsi anche ad aspetti tecnici del mondo cinematografico ma ricordate: non iniziate il libro se non avete visto almeno una decina di film del Rosi più quei due di Visconti, altrimenti diventa un bel mattone, ma pur sempre un mattone!  
Infatti qualche pagina me la sono riletta……:)